Balanced Scorecard:
comunicare la strategia
tratto da un articolo di Chiara Battistoni,
consulente nel settore della comunicazione integrata
e dei servizi Internet per le PMI
Se la strategia plasma l’azienda, c’è da chiedersi se e come i piani elaborati dal management possano raggiungere, ed effettivamente raggiungano ogni livello organizzativo. Condividere la strategia significa collaborare per raggiungere gli obiettivi comuni, coscienti di quanto si sta facendo, vigili sui risultati e pronti a reagire in funzione del contesto e delle linee guida tracciate.
Un organismo collaborativo - in cui ogni cellula si muova all’unisono, reagendo agli stimoli interni ed esterni - è un modello plastico capace di interagire con l’ambiente. L’azienda - fatta di uomini per gli uomini - è molto più simile ad un organismo vivente che non a un modello matematico; ci sono perciò elementi difficili da individuare e quantificare per la complessità di relazioni che ne maschera le funzioni e la collocazione. L’ottica funzionale non esclude l’approccio sistematico. Anzi: la sistematicità metodologica acquista valenza pedagogica perché traccia una via da seguire, da utilizzare come parametro complessivo ed oggettivo di riferimento.
L’analisi offre quindi lo strumento più adatto per definire gli obiettivi strategici e poi particolari, associando ad ognuno di essi le operazioni e le unità di misura appropriate. Non sempre e non solo matematica, dunque. In azienda ci sono obiettivi che sfuggono alla quantificazione con indici e richiedono una valutazione non numerica. Non sempre, infatti, un giudizio espresso può essere trasformato in un numero:
Chiarezza, coerenza e congruenza: le 3C - per utilizzare un acronimo tanto gradito al mondo anglossassone - che caratterizzano le strategie. Per ogni C è necessario inventare strumenti che concretizzino il requisito e lo comunichino all’intera struttura aziendale. Ad essi se ne aggiungeranno altri che ne misurino le prestazioni. Le Balanced Scorecard si collocano qui: sono strumenti strategici perché integrano la comunicazione; sono strumenti di controllo perché quantificano i risultati in funzione degli obiettivi.
La loro origine è recente. Fu nel 1992 che Robert S. Kaplan, Arthur Lowes Dickinson Professor of Accounting alla Harvard Business School, e David P. Norton, presidente della Nolan, Norton Company. Inc., pubblicarono l’articolo "The Balanced Scorecard - Measure that drive Performance", introducendo per la prima volta il concetto di Balanced Scorecard. Estremamente pratico il problema di partenza da risolvere: si era appurato che gli strumenti disponibili per la misura delle performance aziendali erano inadeguati alle reali necessità del management. La visione parcellizzata non soddisfaceva la necessità di osservare nella sua complessità ogni risultato; gli indici escludevano preziose variabili del contesto, offrendo una prospettiva ridotta dei fenomeni da controllare.
Si cercava uno strumento che offrisse contemporaneamente misure operative e finanziarie. Nacquero così le Balanced Scorecard: risposta pratica ad un problema urgente. Applicate in via sperimentale a dodici aziende di grandi dimensioni regalarono in breve i risultati sperati.
Da allora si sono via via migliorate, integrate da strumenti software sempre più adatti alla gestione complessa dei dati; proposte da società di consulenza aziendale dotate di ampia preparazione. Implementare un sistema BSC - infatti - richiede una conoscenza davvero approfondita delle realtà d’impresa ed impone un’analisi capillare delle modalità di gestione della stessa. Per quanto affinata, comunque, la struttura portante di una Balanced Scorecard non è cambiata da quella proposta nel famoso articolo di Kaplan e Norton.
Quattro sono le prospettive focalizzate che definiscono altrettante aree operative, o macroaree:
Il sistema BSC in azienda
Perché un sistema BSC in azienda? Perché definire la strategia senza comunicarla e senza misurarla è come guidare ad occhi chiusi. Attenzione: questo non significa che non esistano altri strumenti o che la BSC sia la panacea adatta ad ogni azienda.
Costi di realizzazione ed implementazione, articolazione del software disponibile e cultura del management ne limitano l’utilizzo. Ciò non toglie che ogni azienda - per quanto piccola - possa fare suo l’approccio metodologico che conduce alla BSC.
L’esperienza di Kaplan e Norton dimostra come non ci siano valutazioni univoche; ogni azienda scopre il proprio sistema e plasma le BSC in funzione di quanto identificato.
Andiamo per ordine, seguendo - una per una - le quattro aree definite nella teoria classica.
Solo a questo punto si può tentare di inquadrare il sistema obiettivi - indicatori. In genere qualità dei prodotti e tempestività del servizio sono considerate le chiavi di sviluppo. E gli indicatori più frequenti sono la soddisfazione del cliente, il grado di fidelizzazione, la redditività per cliente, l’acquisizione di nuovi clienti, la quota di mercato per segmenti.
Qui si intrecciano dati provenienti dalla produzione, dal marketing, dalla logistica. E’ la catena del valore che richiede una visione integrata dell’azienda.
In questa macroarea si misurano così la soddisfazione dei dipendenti, la produttività, il grado di fedeltà, le competenze professionali, la formazione in azienda e quell'esterna. Inoltre si misurano i sistemi informativi disponibili e le procedure organizzative, per verificare i livelli motivazionali del personale.
Così inquadrate, le BSC si propongono davvero come strumenti di gestione integrata d’azienda: la complessità progettuale è tale da richiedere una revisione approfondita di ogni area; ad essa di aggiungono la ricerca e la gestione dei dati perché siano fruibili dai software dedicati per Balanced Scorecard.
Forse le BSC attuali non sono ancora adatte alle PMI italiane ma è certo che la proposta metodologica - opportunamente valutata - può essere di grande utilità alle imprese familiari, impegnate in avvicendamenti generazionali e ristrutturazioni.
Criteri progettuali per un sistema BSC
Individuare indicatori e misure per verificare rende indispensabile costruire una infrastruttura informativa adeguata che sia in grado di rendere disponibili le misure, condividere gli obiettivi a tutti i livelli stabiliti, controllare nel tempo la corrispondenza tra piani attuativi e piani strategici, cogliere ed interpretare dinamicamente le interazioni tra indicatori di diverse aree.
Le BSC diventano così l’infrastruttura su cui sviluppare uno "Strategic Management System"; conservano un ruolo di controllo ma assurgono a strumenti di pianificazione, concentrando l’attenzione sulla gestione e la comunicazione strategica organizzativa.
Optare per un sistema BSC in azienda significa così progettare e realizzare un sistema informativo adeguato che sia davvero in grado di rispondere ai requisiti richiesti dalla nuova metodologia.
Perché un sistema di IT possa al meglio utilizzare le BSC è necessario che disponga di un sub sistema di visualizzazione, uno di costruzione, uno di analisi ed infine uno di amministrazione delle BSC. Tutto questo fruibile dall’utente sul proprio personal computer. Per visualizzare la BSC è indispensabile che il sub sistema sia semplice, fruibile anche da non esperti; inoltre deve fornire il quadro sinottico degli indicatori chiave permettendo l’analisi degli stessi: la compatibilità con gli ambienti Client/Server è fondamentale così come con il mondo Web, utile per la diffusione delle BSC. Il sub sistema di costruzione consente agli utenti di costruire le BSC senza dover programmare. Quello di analisi invece include tutte le operazioni di tipo statistico richieste da alcune attività inserite nelle BSC. Infine, il sub sistema riservato all’amministrazione del flusso informativo deve raccogliere, depurare e organizzare una notevole mole di dati, con origine disparata (ERP, per esempio); si tratta di costruire un Performance Data Warehouse.
Realizzati i sub sistemi, si passa alla realizzazione del progetto, passando per l’individuazione degli indicatori, l’implementazione del Performance Data Warehouse dedicato ed infine alla personalizzazione e parametrizzazione dell’applicazione che crea la BSC. "Last but not least" - come direbbero gli anglosassoni - si affronta la fase più delicata, quella di messa a regime del progetto: formare il personale è il primo passo a cui però deve seguire un’opera costante di aggiornamento. Il dinamismo strutturale e di contenuti delle BSC impone una continua revisione dei risultati. Costringe a responsabilizzare i capi progetto in funzione degli obiettivi ora misurabili, agisce sulla percezione stessa del proprio lavoro che è diventato quantificabile e verificabile. Nel pragmatismo della metodologia BSC c’è una dimensione epistemologica che non può sfuggire: verificare e falsificare le teorie per imparare dagli errori e progredire. E’ l’essenza della filosofia popperiana, applicata alla realtà imprenditoriale.